Approvazione della direttiva Corporate Sostenibility Reporting Directive (CSRD)

Sostenibilità
Filiera
Approvazione della direttiva Corporate Sostenibility Reporting Directive (CSRD)

Il decreto legislativo n. 125 del 6 settembre 2024 (GU Serie Generale n.212 del 10-09-2024) recepisce la direttiva (UE) 2022/2464 la c.d. Corporate Sostenibility Reporting Directive (CSRD), relativa alla rendicontazione societaria di sostenibilità.

Tra gli obiettivi principali della norma vi è quello di rafforzare e rendere più attendibile e trasparente l’informazione sulla sostenibilità, imponendo nuove norme e nuovi standard.

Le imprese, infatti, saranno tenute a divulgare informazioni dettagliate su questioni ambientali, sociali e di governance (ESG), includendo l'impatto delle loro attività sul clima e sulla società, nonché i rischi legati alla sostenibilità che potrebbero influire sulla loro performance finanziaria, ma anche quelli legati alla sua catena del valore, compresi i suoi prodotti e servizi, i suoi rapporti commerciali e la sua catena di fornitura.

Sotto quest’ultimo profilo, il Decreto prevede che, laddove tutte le informazioni necessarie sulla catena del valore non siano disponibili nei tre anni successivi, l’impresa obbligata dovrà evidenziare nel report: gli sforzi compiuti per ottenere tali informazioni; motivare il perché non è stato possibile ottenerle; i piani per ottenerle in futuro.

Il decreto introduce un approccio alla rendicontazione basato sul principio di doppia rilevanza o materialità: la rendicontazione societaria di sostenibilità deve quindi indicare come le questioni di sostenibilità incidono sull’attività dell’impresa (materialità finanziaria) e, come queste ultime, incidano su persone e ambiente (materialità d’impatto).

In particolare, la rendicontazione dovrà includere:

-una breve descrizione del modello e della strategia aziendale;

- una descrizione degli obiettivi temporalmente definiti connessi alle questioni di sostenibilità individuati dall’impresa;

- una descrizione del ruolo degli organi di amministrazione e controllo per quanto riguarda le questioni di sostenibilità e delle loro competenze e capacità in relazione allo svolgimento di tale ruolo o dell’accesso di tali organi alle suddette competenze e capacità;

- una descrizione delle politiche dell’impresa in relazione alle questioni di sostenibilità;

- informazioni sull’esistenza di sistemi di incentivi connessi alle questioni di sostenibilità e che sono destinati ai membri degli organi di amministrazione e controllo;

- una descrizione delle procedure di dovuta diligenza applicate dall’impresa in relazione alle questioni di sostenibilità, dei principali impatti negativi, effettivi o potenziali, legati alle attività dell’impresa e di eventuali azioni intraprese dall’impresa per prevenire o attenuare impatti negativi, effettivi o potenziali, o per porvi rimedio o fine, e dei risultati di tali azioni;

- una descrizione dei principali rischi per l’impresa connessi alle questioni di sostenibilità e le modalità di gestione di tali rischi adottate dall’impresa;

- gli indicatori pertinenti per la comunicazione delle informazioni di cui sopra.

Tra i vari adempimenti, è previsto un obbligo di informazione e consultazione sindacale: la società, anche nel rispetto della normativa e degli accordi applicabili in materia, deve prevedere modalità di  informazione   dei rappresentanti dei lavoratori al livello appropriato  e  discutere  con loro le informazioni pertinenti e i mezzi per ottenere  e  verificare le informazioni sulla sostenibilità; i rappresentanti dei lavoratori comunicano il proprio parere, ove adottato, all'organo  amministrativo  e  di controllo.

 

13/05/2024
Filiera
Sostenibilità
Con CIS sempre aggiornati sulle novità normative: scopri la Corporate Sustainability Due Diligence (CSDD)

È questione di settimane e la nuova Direttive UE sulla “Corporate Sustainability Due Diligence” entrerà in vigore, producendo effetti che si estenderanno anche al nostro settore. La Direttiva UE in materia, infatti, è da lungo oggetto della procedura legislativa unionale: già il 23 febbraio 2022 era stata presentata una proposta di Direttiva del Parlamento e del Consiglio sulla base della quale è stato raggiunto, il 14 dicembre 2023, un accordo tra i negoziatori del Consiglio e quelli del Parlamento europeo. Stando alla citata proposta, la futura Direttiva sulla “Corporate Sustainability Due Diligence” dovrebbe applicarsi alle società dell’Unione Europea che abbiano avuto, in media, più di 500 dipendenti e un fatturato netto a livello mondiale di oltre 150 milioni di euro nell’ultimo esercizio di bilancio, nonché a quelle che abbiano avuto, in media, più di 250 dipendenti e un fatturato netto a livello mondiale di oltre 40 milioni nell’ultimo esercizio di bilancio qualora almeno il 50% di tale fatturato netto sia stato prodotto , fra i vari settori individuati ad alto impatto, anche nell’estrazione di risorse minerarie, compresi i prodotti da cava, e nel commercio all’ingrosso dei materiali da costruzione. Ai sensi della proposta di Direttiva, a tali società verrà imposta una serie di obblighi di diligenza rispetto agli impatti negativi sui diritti umani e agli impatti ambientali negativi, siano essi effettivi o potenziali, che incombono alle società nell’ambito delle loro attività, delle attività delle loro filiazioni e delle attività nella catena di valore svolte da soggetti con cui le stesse intrattengono un rapporto d’affari consolidato. In particolare, la proposta di Direttiva prevede che le società obbligate integrino il dovere di diligenza nelle loro politiche aziendali e predispongano una politica del dovere di diligenza, adottino misure adeguate per individuare gli impatti negativi sui diritti umani e gli impatti ambientali negativi, effettivi o potenziali, causati dalle attività proprie, nonché da quelle compiute nell’ambito della propria filiera. Inoltre, in forza della Direttiva, le società dovranno dotarsi di una strategia aziendale e un modello di business compatibili con la transizione a un’economia sostenibile e la limitazione del riscalamento globale secondo l’accordo di Parigi. A livello comunitario, le spinte verso modelli imprenditoriali sostenibili sono particolarmente pregnanti, vero è che la stessa Direttiva introduce un severo impianto sanzionatorio (sanzioni pecuniarie fino al 5% del fatturato netto globale delle società inadempienti); inoltre, nella proposta di Direttiva, si sottolinea la necessità di introdurre disposizioni adeguate negli Stati membri affinché possa determinarsi una responsabilità civile in capo alle società obbligate per i danni causati da impatti negativi sui diritti umani e/o sull’ambiente che, a fronte di un mancato rispetto degli obblighi di diligenza, non sono stati prevenuti, impediti o attenuati. Va sottolineato che, nell’accordo del 14 dicembre 2023 sembra che Parlamento europeo e Consiglio vogliano anche includere il rispetto degli obblighi di diligenza tra i criteri di valutazione per l’assegnazione di appalti pubblici.

Pertanto, se non direttamente (in considerazione dei limiti dimensionali delle società coinvolte nonché delle attività che rivestono profili cd. ad alto rischio), senz’altro indirettamente, la direttiva CSDD produrrà effetti anche sul settore edile, nei confronti delle aziende che operano nella filiera interessata dall’applicazione degli obblighi di due diligence. In questo scenario, «giocare d’anticipo» può fare la differenza: per conseguire un vantaggio competitivo rispetto ai partner della propria filiera, valorizzando sin da subito i benefici reputazionali che derivano da un’attività d’impresa fortemente improntata alla sostenibilità.

Uno strumento particolarmente efficace, in questo senso, è rappresentato dal progetto Cantiere Impatto Sostenibile. Risulta evidente come sia già in atto un cambio di passo verso modelli organizzativi d’impresa sostenibili, per rispondere alla transizione tecnologica, economica, ambientale e sociale a livello nazionale ed internazionale. È chiaro che, il nostro settore è interessato in prima persona a far parte di questo cambiamento, rispondendo a queste nuove istanze con le proprie competenze e la propria professionalità e sapendo cogliere in questo processo di cambiamento, ormai avviato, una nuova opportunità di lavoro e di crescita nel mercato. La qualificazione delle imprese è imprescindibile per rispondere all’evoluzione del mercato, specialmente nel settore pubblico: servono nuove competenze gestionali e tecnologiche e specializzazioni in grado di favorire l’integrazione dei processi e la comprensione di temi innovativi come quelli legati alla sostenibilità. È proprio per queste ragioni che, come Associazione, abbiamo adottato un Codice di Condotta volontario: Cantiere Impatto Sostenibile, per valorizzare il processo di evoluzione delle nostre imprese in tema di sostenibilità. Il manifesto rappresenta l'adesione concreta ai valori di sostenibilità dei soggetti apicali dell'impresa, che fanno scelte organizzativo-gestionali volte a ridurre gli impatti ESG dell'attività aziendale e ad implementare una strategia orientata alla sostenibilità, secondo una logica di filiera. La nostra intenzione, dunque, è di accompagnare le imprese, attraverso gli obiettivi declinati dal Codice Cantiere Impatto Sostenibile verso una qualificazione delle imprese stesse, che non sarà certamente una nuova certificazione ma una vera chiamata diretta alla responsabilità delle azioni per la sostenibilità, che potrà essere valorizzata e promossa anche con i grandi player del settore privato e pubblico.

Sara Acerbi – Assimpredil Ance


14/06/2023
PNRR
Appalti
Filiera
«Dal Pnrr al nuovo codice appalti: la qualità e la completezza dei progetti non possono essere optional»

Nell'imminente arrivo di un codice dei contratti, mal impostato ed incompleto, se non fosse altro per la difficoltà di recepire le oltre 100 indicazioni parlamentari ricevute solo qualche settimana fa, a valle dell'unica vera occasione di ascolto offerta dal Parlamento agli operatori economici, il settore della progettazione si trova impegnato, fra gli altri, con gli interventi previsti dalla «missione »6 che ha l'obiettivo di rafforzare l'assistenza sanitaria territoriale e migliorare la sicurezza sismica degli ospedali. Qualche breve riflessione può quindi essere fatta sulla scorta del concreto operare nei settori che vedono più impegnate le nostre società, così da offrire agli operatori del settore, pubblici e privati, elementi reali e non puramente teorici sulla base dei quali effettuare o aggiustare le scelte normative fatte fin ad oggi.

Ad esempio stiamo redigendo i progetti di fattibilità tecnico economica (Pfte) per le case di comunità, gli ospedali di comunità e le centrali operative territoriali (M6C1) e le progettazioni definitive per gli ospedali sicuri e sostenibili (M6C2); progetti che dovranno essere consegnati nelle prossime settimane! Nel caso degli interventi per il rafforzamento dell'assistenza territoriale rileviamo stime di costo per costruzioni ex novo di 1.350 €/mq, largamente incompatibile con i valori di mercato attuale. Nel caso degli interventi per ospedali sicuri e sostenibili rileviamo da un lato la difficoltà ad utilizzare risorse disponibili per migliorare anche la prestazione in termini di sostenibilità e dall'altro impossibilità a definire/concordare le modalità di intervento ottimali in grado di permettere davvero l'esecuzione degli interventi minimizzando l'impatto sull'attività assistenziale di cura.

In sintesi: programmazione insufficiente anche sotto il profilo della stima dei costi, sostanziale indifferenza verso alcuni milestone del Piano (sostenibilità ambientale ed energetica), estrema rigidità delle scelte fatte. Tutte criticità, più volte avanzate, che non sembrano trovare risposta.Complessivamente sembra quasi che gli organismi dai quali occorre passare per dare inizio ad una opera (in ordine, governo, ministeri, stazioni appaltanti, enti autorizzativi, e non solo), abbiano come l'obiettivo prioritario il passare la palla a quello sottostante della catena, senza domandarsi se poi l'opera potrà davvero essere realizzata, così da per non restare con il cerino in mano.

Eppure, il governo sa bene che i parametri di costo base non sono adeguati, tanto che sta trattando con la Ue, con giusta determinazione, la loro revisione: forse sarebbe meglio mettere in cantiere qualche opera in meno, se i denari non possono essere aumentati, che bloccarle tutte per l'esaurimento delle risorse. Peraltro, non di rado, nell'attuazione di diversi interventi, si è chiesto ai progettisti di produrre Pfte da porre a base di gara di appalti integrati, nella loro versione "arricchita" di cui alle linee guida Mims/Consiglio Superiore con una conoscenza di base dell'intervento incompleta (senza accurate indagini e rilievi, rinviate in alcuni casi alla successiva fase esecutiva del progetto) e senza concedere il tempo necessario alla redazione dei progetti.

La fretta, come si sa, non aiuta a fare le cose bene e in questo periodo nessuno si sta ponendo in una posizione di ascolto del mercato, impegnato a raccogliere la sfida lanciata per il tramite delle stazioni appaltanti dal PNRR.: si operano scelte automatiche, poco meditate in relazione alla natura degli interventi ed allo stato delle conoscenze acquisite prima della gara. Ma poi, dove sarebbe il vantaggio per l'efficacia della spesa pubblica di questa corsa all'appalto integrato, come se l'impresa aggiudicataria, che pur dovrà redigerli e farseli approvare prima di iniziare i lavori, non abbia anch'essa necessità di spendere del tempo per questa mansione? Non sarebbe meglio lasciare ai progettisti il tempo per redigere i progetti e, subito dopo, avendo già individuato le imprese, far partire l'esecuzione?

Questa scelta, che da sempre riteniamo la strada maestra, è assolutamente necessaria nel particolare contesto in cui si stiamo muovendo in quanto:

a) permette di approfondire il grado di conoscenza;
b) riduce i tempi della progettazione esecutiva in quanto è redatta dallo stesso soggetto che ha redatto la fase precedente;
c) permette di dedicare la necessaria attenzione alla modalità di esecuzione degli interventi gestendo la complessità di operare su strutture in funzione come gli ospedali;
d) permetterebbe di instaurare anche un dialogo proficuo con l'appaltatore che si troverà ad operare gli interventi.Il dubbio che qualcuno abbia ben riflettuto sugli effetti di queste scelte è più che fondato. Il suggerimento non richiesto vuole solo costituire un elemento di riflessioni per tutti i Rup e le stazioni appaltanti con le quali ci troviamo ogni giorno a vivere questa importante sfida del nostro Paese.

 


14/06/2023
Sostenibilità
Decarbonizzazione
Legalità
Direttiva Case green UE: cosa prevede entro il 2033

Case green, via libera dal Parlamento UE. La posizione approvata dall’organo legislativo conferma la volontà delle istituzioni europee di accelerare la riduzione del consumo energetico e delle emissioni di gas serra del settore edilizio europeo. L’ok è arrivato nonostante lo scetticismo espresso da alcuni governi europei, tra cui quello italiano, nei confronti della stretta sui requisiti di prestazione energetica per gli immobili dell’UE.

Il testo della normativa, che dovrà però essere negoziato con i governi dell’UE per concordare la forma definitiva, prevede che a partire dal 2028 tutti i nuovi edifici dovranno essere a emissioni zero, e al contempo gli immobili di recente costruzione dovranno dotarsi di energia solare entro la fine dello stesso anno. Per quanto riguarda tutti gli edifici residenziali, questi dovranno raggiungere almeno la classe di prestazione energetica E entro il 2030, e D entro il 2033; mentre per gli edifici non residenziali e quelli pubblici il raggiungimento delle stesse classi è anticipato al 2027 e al 2030.

L’obiettivo della proposta di revisione della direttiva, secondo quanto dichiarato dal Parlamento UE, è una sostanziale riduzione delle emissioni di gas a effetto serra e del consumo energetico nel settore entro il 2030, al fine di raggiungere la neutralità climatica entro il 2050. Ristrutturare un più ampio numero di edifici inefficienti sotto il profilo energetico e migliorare la condivisione delle informazioni sul rendimento energetico sono altri obiettivi della proposta.

La posizione negoziale del Parlamento è stata approvata martedì con 343 voti favorevoli, 216 contrari e 78 astensioni.

“L’impennata dei prezzi dell’energia ha riportato l’attenzione sull’efficienza energetica e sulle misure di risparmio energetico. Migliorare le prestazioni degli edifici europei abbasserà le bollette e la nostra dipendenza dalle importazioni di energia.” ha dichiarato il relatore Ciarán Cuffe (Verdi/ALE, IE), “Vogliamo che la direttiva riduca la povertà energetica e le emissioni, e garantisca migliori ambienti interni per la salute delle persone. Si tratta di una strategia di crescita per l’Europa, che creerà centinaia di migliaia di posti di lavoro locali e di buona qualità nell’edilizia, nelle ristrutturazioni e nelle energie rinnovabili, migliorando il benessere di milioni di persone che vivono in Europa.”

Cosa prevede la normativa delle case green
Per i deputati del Parlamento europeo, tutti i nuovi edifici dovranno essere a emissioni zero a partire dal 2028. Per i nuovi edifici occupati, gestiti o di proprietà delle autorità pubbliche la scadenza è fissata al 2026. Tutti i nuovi edifici per cui sarà tecnicamente ed economicamente possibile dovranno inoltre dotarsi di tecnologie solari entro il 2028, mentre per gli edifici residenziali sottoposti a ristrutturazioni importanti la data limite è il 2032.

Sempre secondo la posizione del PE, gli edifici residenziali dovranno raggiungere, come minimo, la classe di prestazione energetica E entro il 2030, e D entro il 2033. Per gli edifici non residenziali e quelli pubblici il raggiungimento delle stesse classi dovrà avvenire rispettivamente entro il 2027 (E) e il 2030 (D).

Per prendere in considerazione le differenti situazioni di partenza in cui si trovano i parchi immobiliari nazionali, nella classificazione di efficienza energetica, che va dalla lettera A alla G, la classe G dovrà corrispondere al 15% degli edifici con le prestazioni energetiche peggiori in ogni Stato membro.

Gli interventi di miglioramento delle prestazioni energetiche, che comprendono per esempio lavori di isolamento o il rinnovo dell’impianto di riscaldamento, dovranno essere effettuati al momento dell’ingresso di un nuovo inquilino, oppure al momento della vendita o della ristrutturazione dell’edificio.

I Paesi UE stabiliranno le misure necessarie per raggiungere questi obiettivi nei rispettivi piani nazionali di ristrutturazione.

Le misure di sostegno contro la povertà energetica
Secondo quanto stabilito dai deputati i piani nazionali di ristrutturazione dovranno prevedere regimi di sostegno per facilitare l’accesso alle sovvenzioni e ai finanziamenti. Gli Stati membri dovranno allestire dunque punti di informazione e programmi di ristrutturazione “neutri” dal punto di vista dei costi. I regimi finanziari dovranno prevedere un premio cospicuo per le cosiddette ristrutturazioni profonde, in particolare nel caso degli edifici con le prestazioni peggiori, e sovvenzioni e sussidi mirati destinati alle famiglie vulnerabili.

Le deroghe alla normativa delle case green
La nuova normativa non si applica ai monumenti, e i Paesi UE avranno la facoltà di escludere anche edifici protetti in virtù del loro particolare valore architettonico o storico, edifici tecnici, quelli utilizzati temporaneamente, chiese e luoghi di culto. Gli Stati membri potranno inoltre estendere le esenzioni anche a edifici dell’edilizia sociale pubblica in cui le ristrutturazioni comporterebbero aumenti degli affitti non compensati da maggiori risparmi sulle bollette energetiche.

Agli Stati membri sarà consentito, per una percentuale limitata di edifici, di adeguare i nuovi obiettivi in funzione della fattibilità economica e tecnica delle ristrutturazioni e della disponibilità di manodopera qualificata.

A cosa è dovuta la stretta delle istituzioni europee
Secondo la Commissione europea, gli edifici dell’UE sono responsabili del 40% del consumo energetico e del 36% delle emissioni di gas a effetto serra. Il 15 dicembre 2021 la Commissione ha approvato una proposta legislativa di revisione della direttiva sulla prestazione energetica nell’edilizia, che fa parte del pacchetto “Pronti per il 55%”. Con la nuova normativa europea sul clima del luglio 2021 entrambi gli obiettivi per il 2030 e il 2050 sono diventati vincolanti a livello europeo.

La posizione del governo italiano sulle case green
Il governo italiano ha espresso forti perplessità su questa revisione della direttiva UE riguardante la prestazione energetica nell’edilizia e la Camera dei deputati ha presentato, circa una settimana fa, una mozione in cui ha dichiarato la propria opposizione alla normativa e l’impegno a battersi in sede europea per scongiurarne l’entrata in vigore.

 

 


14/06/2023
Sostenibilità
Legalità
La Csrd è legge. Anche il Consiglio Ue dice ok

Via libera definitivo del Consiglio europeo alla direttiva relativa alla comunicazione societaria sulla sostenibilità (Csrd). Dopo l’ok del Parlamento a metà novembre, l’approvazione del terzo componente del trilogo, avvenuta il 28 novembre, sdogana definitivamente la direttiva.

«In seguito all’approvazione della posizione del Parlamento europeo da parte del Consiglio – si legge in una nota del consiglio -, l’atto legislativo è adottato.

Dopo la firma da parte della presidente del Parlamento europeo e del presidente del Consiglio, l’atto sarà pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea ed entrerà in vigore 20 giorni dopo. Le nuove norme dovranno essere attuate dagli Stati membri 18 mesi dopo l’entrata in vigore.

«La direttiva relativa alla comunicazione societaria sulla sostenibilità – prosegue la nota – rafforza le norme in vigore in materia di comunicazione di informazioni di carattere non finanziario introdotte nella direttiva contabile dalla direttiva sulla comunicazione di informazioni di carattere non finanziario del 2014, che non sono più adeguate alla transizione dell’Ue verso un’economia sostenibile».

La direttiva, si legge, introduce obblighi di comunicazione più dettagliati.

Le nuove norme in materia di comunicazione sulla sostenibilità si applicheranno a tutte le grandi imprese e a tutte le società quotate in mercati regolamentati, a eccezione delle microimprese quotate. Queste imprese sono anche responsabili della valutazione delle informazioni applicabile alle imprese figlie.

Le norme si applicano anche alle Pmi quotate, tenendo conto delle loro specificità. Per le Pmi quotate sarà possibile una deroga (“opt-out”) durante un periodo transitorio, che le esenterà dall’applicazione della direttiva fino al 2028.

Per quanto riguarda le imprese non europee, l’obbligo di presentare una relazione sulla sostenibilità si applica a tutte le imprese che realizzano ricavi netti delle vendite e delle prestazioni superiori a 150 milioni di euro nella Ue e che hanno almeno un’impresa figlia o una succursale nella Ue che supera determinate soglie. Queste imprese devono fornire un’informativa sui loro impatti in materia ambientale, sociale e di governance (“Esg”) come indicato nella direttiva.

Il gruppo consultivo europeo sull’informativa finanziaria (Efrag) sarà incaricato di elaborare progetti di norme europee. La Commissione europea adotterà la versione finale delle norme sotto forma di atto delegato, a seguito di consultazioni con gli Stati membri dell’Ue e con una serie di organismi europei.

Il regolamento si applicherà in quattro fasi:

nel 2025, comunicazione sull’esercizio finanziario 2024 per le imprese già soggette alla direttiva sulla comunicazione di informazioni di carattere non finanziario
nel 2026, comunicazione sull’esercizio finanziario 2025 per le grandi imprese attualmente non soggette alla direttiva sulla comunicazione di informazioni di carattere non finanziario
nel 2027, comunicazione sull’esercizio finanziario 2026 per le Pmi quotate (a eccezione delle microimprese), gli enti creditizi piccoli e non complessi e le imprese di assicurazione captive
nel 2029, comunicazione sull’esercizio finanziario 2028 per le imprese di paesi terzi che realizzano ricavi netti delle vendite e delle prestazioni superiori a 150 milioni di euro nell’Ue, se hanno almeno un’impresa figlia o una succursale nell’Ue che supera determinate soglie.